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Archivio storico di un giornale non più attivo

TROPPA CONFUSIONE SUL REFERENDUM DELLA CGIL

Ho l’impressione che anche sull’esito della Consulta riguardante il Referendum della Cgil si stia facendo una gran confusione.

Non me ne meraviglio, perché il Referendum è già stato posto all’opinione pubblica in modo confuso, e la confusione viene dalla bufala con cui è stato presentato da Sindacati e Media il Jobs Act. Per intenderci, all’occhio dei distratti quella riforma è stata data come cancellazione dell’Art. 18. Falso, la riforma è una cosa complessa fatta di tanti articoli, uno degli articoli riguarda i contratti a tutele crescenti, che non cancellano quelli precedenti  ma si affianca.  Questi contratti non prevedono l’applicazione dell’art. 18 (per 3 anni) . Per tutti gli altri l’art. 18 rimane come modificato dalla Legge Fornero, modifica per cui la Cgil non si è appellata all’epoca a nessuna corte a nessun referendum. Piccolo particolare che ha un significato tutto politico,chiaro che il Partito della Camusso voleva fare opposizione a Renzi, non tutelare i lavoratori.

Bene, tornando a questo articolo relativo ai contratti a tutele crescenti, non è che il quesito abbia chiesto l’abrogazione del comma che riguarda l’art. 18, ha chiesto la totale abrogazione dell’articolo di questi contratti  del decreto.

leggi quesito sotto all’articolo 

Ecco fermiamoci un attimo su questa prima parte del quesito, vi rendete conto del perché dopo qualche centinaio di migliaia di nuovi contratti con questo articolo, che per lo più sono andati a sostituire sistemi del tutto precari, oggi non solo si sono fermati, ma abbiamo visto con i nostri occhi come si sono fermate le trattative per la permanenza nel nostro paese di alcune aziende a grande impiego di risorse umane, che di fronte al rischio Referendum preferiscono fare le valigie prima che sia troppo tardi.

Nella seconda parte del quesito invece si affronta il vero art. 18 che niente ha a che fare con il Jobs Act.

Però, qui devo essere sincero e chiedo a chi ne sa più di me, cosa ci sarebbe di propositivo come stanno dicendo in ogni dove?  Il quesito parla di abrogare l’art. di legge limitatamente alle parole ecc..

Non è così che si pongono normalmente i quesiti di abrogazione?

Non è che mentre noi discutiamo, la sentenza della Consulta abbia altre motivazioni?

Intanto mi viene da chiedermi, se il quesito referendario del 4 Dicembre, fosse stato presentato in questo modo assurdo (grosso modo ci sarebbero volute 120 pagine) sarebbe passato alla Consulta?

 

 

IL TESTO DEL QUESITO:

«Volete voi l’abrogazione del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza

e dell’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, recante “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento” comma 1, limitatamente alle parole “previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell’art. 1345 del codice civile”; – comma 4, limitatamente alle parole: “per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili,” e alle parole “, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell’indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto”; – comma 5 nella sua interezza; – comma 6, limitatamente alla parola “quinto” e alle parole “, ma con attribuzione al lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi” e alle parole “, quinto o settimo”; – comma 7, limitatamente alle parole “che il licenziamento è stato intimato in violazione dell’art. 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell’ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento” e alle parole “; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell’indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell’ambito della procedura di cui all’art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo”; –
comma 8, limitatamente alle parole “in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento”, alle parole “quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell’ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all’impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di” e alle parole “,anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti”.».

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