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Archivio storico di un giornale non più attivo

La rete e i social sono strumenti fantastici, siamo noi che non sappiamo usarli.

Lo sostengo da quasi 20 anni, spesso contro tutti, perché non è da oggi che i media avvertono il pericolo della concorrenza e quindi indicano la rete come causa di ogni male. I giornali ormai hanno dovuto abdicare e prendere atto della sconfitta, ma hanno trovato il modo di rimanere in vita proprio utilizzando la rete.
Cerchiamo comunque di capire a che punto siamo. Io come ho raccontato spesso, 15 anni fa scrivevo che la rete era in pericolo e forse anche il paese. Denunciavo la volgarizzazione della rete, i primi anni era un club di intellettuali, poi improvvisamente cambiò pelle con lo scoppio di un fenomeno di massa, che aveva portato una quantità spropositata di gente al limite dell’analfabetismo, che scriveva un italiano improbabile, che mai ci saremmo sognati esistesse. In quel momento c’era un comico che approfittava di questo fenomeno attirando verso dei sé tutti questi nuovi arrivati e creando un qualcosa che allora io definivo molto pericoloso per il paese. I miei amici lo ricorderanno.
Oggi quel fenomeno è diventato politico e le divisioni non sono più culturali ma politiche. Cosa è cambiato?
Sicuramente la nascita e lo sviluppo di Facebook ha cambiato tutto. È uno strumento fantastico, ci permette di stare in continuo contatto immediato con amici e parenti anche lontanissimi, ci permette di avere informazioni in tempo reale, molto prima delle Tv. E Facebook, rispetto a Twitter ci permetterebbe anche di discutere, dibattere su argomenti che ci stanno a cuore. Ci permetterebbe, ma non ne siamo capaci.
Entrando nello specifico, dibattere su un post, significa leggerlo veramente, significa leggere chi ha commentato prima di noi, significa non aggiungere un inutile commento che hanno già fatto altri 100, significa vedere se l’autore ha già risposto ai commenti uguali al tuo. Perché non è che uno possa rispondere 105 volte la stessa cosa.
Qual è il problema? L’uso compulsivo dei like, delle condivisioni e anche dei commenti. Commenti che non creano dibattito, perché non aggiungono nulla, sono solo affermazione o stroncamento del post.
Intendiamoci, è chiaro che quando ognuno di noi ha più di 4000 amici, la presenza in bacheca di materiale è abnorme, noi vogliamo vedere tutto, scorriamo velocemente e quindi non abbiamo tempo di fermarci.
E allora cosa commentiamo? Vi faccio un esempio concreto. Ho esaminato un mio post di qualche giorno fa, che probabilmente aveva un titolo attrattivo. Il post è stato visualizzato su Facebook da 26.000 persone. Di questi, 11.000 hanno inserito il Like, 250 hanno condiviso, quasi duemila hanno commentato.
Visto che i miei post stanno tutti sul sito, si da il caso che per leggerlo occorra entrare nel sito, ma di quei 26.000 solo 2000 lo hanno fatto. Non ancora soddisfatto analizzo attraverso gli strumenti di google gli ingressi nel post e scopro che di quei 2000 solo 300 hanno letto tutto l’articolo. Da 26.000 a 300… allora mi chiedo su cosa abbiano commentato. Vado a vedere e la risposta era scontata. Commentano sul titolo, il post parla d’altro, non sempre un titolo può rappresentare il contenuto. Noi però commentiamo quello.
E i mi piace? Piace il titolo.
Ora, parliamoci chiaro, non è che io pretenda che la gente perda tempo a leggere le fesserie che io scrivo, è solo che avere un mi piace senza leggermi lo ritengo una presa in giro. Preferirei un secco ma sincero: scrivi fesserie quindi non ti leggo.
A questo punto però occorre chiarire un altro fatto, non prendete questo post come uno sfogo personale. No, il mio esempio serve solo a chiarire come funziona la rete ai giorni nostri. E ripeto, è un peccato. Facebook è veramente uno strumento fantastico, veramente potremmo usarlo per dibattere, capire, informarci, aggiungere idee. Invece è ormai solo uno strumento di tifo. Siamo guelfi o ghibellini, aggiungiamo Grande! O Vergogna! Secondo i casi.
Peccato.

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